Il prof. Johanson adduce a prova della comune origine di uomini e scimmie il fatto che tali specie hanno numerosi comportamenti condivisi. Immagino alluda al costume di spulciarsi, di scaccolarsi e di grattarsi il deretano. Orbene, esistono anche comportamenti comuni tra umani e cani, come l'anilingus e la coprofagia, ma l'esistenza del Canuomo di Balle Spaziali non sembra molto verosimile.
Diamo un nome alle Cose della Notte, che secondo Howard Phillips Lovecraft non hanno e non devono avere un nome.
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venerdì 12 aprile 2013
giovedì 3 maggio 2012
Connettivismo e Mainstream
Giovanni, mi sembra che sia una questione di lana caprina. Le solite
discussioni su cosa è fantascienza e cosa non è fantascienza, che
potrebbero andare avanti all'infinito. Io seguo semplicemente la realtà
dei fatti, quella che i miei sensi mi trasmettono. Un'opera come "La
possibilità di un'isola" di Houellebecq è fantascienza indipendentemente
da dove viene poi collocato il volume negli scaffali delle librerie.
Non trovo semplicemente possibile che venga definito "mainstream" un
autore come William S. Burroughs, che non esitava a parlare di sodomia e
di anilingus in contesti surreali usando tecniche narrative che non mi
sembrano proprio alla portata di un volgo incolto. Un'opera di Ballard
come "L'allegra compagnia del sogno" presenta alcuni brani che
sconvolgerebbero la maggior parte del pubblico (come quando descrive
fantasie aberranti nei confronti di una bambina affetta da trisomia 21).
Se scrivessimo noi cose simili, potremmo essere denunciati: non ci
sarebbe un'anima viva che ci etichetterebbe come "mainstream" per
pararci il culo. Dov'è il "vasto consenso" di queste opere? Non mi
sembra proprio che la cultura popolare sia innervata da stilemi
burroughsiani e ballardiani. Non mi risulta nemmeno che il linguaggio di
Philip K. Dick sia immune da esoterismo. L'autore in questione ha una
complessità filosofica notevole, anche se il grande pubblico al massimo
nota le descrizioni di improbabili gingilli tecnologici. Ho letto
diverse opere dickiane che non sono di fantascienza, come "Confessioni
di un artista di merda", a parer mio meritorie. Esse sono
tradizionalmente etichettate come "mainstream", ma diffido della
validità di tale definizione, visto che sono state pubblicate dopo la
sua morte e non hanno mai avuto successo. Per quanto riguarda l'uso
delle parole, la realtà è molto diversa da come la vedo descritta: ha
successo ed è "mainstream" solo chi riesce a farsi una posizione e ad
avere abbastanza soldi da far rimuovere la pornoetichetta "fantascienza"
dalle sue opere. I più fortunati al successo ci riescono in vita; gli
altri, se va bene, ci riescono dopo la morte. Dick, che coi suoi scritti
doveva arrivare a fine mese, riducendosi persino a mangiare cibo per
cani, se vivesse in questi tempi andrebbe ad ingrossare le fila degli
autori diseredati costretti a pagare le case editrici per farsi
pubblicare, solo per averne un mucchio di libri invenduti con due sole
alternative: ricomprarli a metà prezzo o mandarli al macero. Certo,
dimenticavo che adesso ci sono gli e-book, ma la bolla potrebbe
scoppiare presto.
domenica 8 gennaio 2012
Anabasi
Ero
ancora nudo. Quella sembrava una copia dell'ingresso alla camera
occulta della signora Feregalli. Usando la mia razionalità, ne deducevo
che non era possibile. I dettagli del percorso in quel dedalo non
corrispondevano al mio primo tragitto, quello che mi aveva portato
all'incontro d'amore con la maliarda. Eppure ero combattuto: al contempo
qualcosa mi diceva che quella era proprio la stanza del piacere dove avevo adorato e penetrato quel bellissimo ano. Non mi
restava che provare ad aprire la porticina e a strisciare dentro,
sperando di poter recuperare i miei vestiti. Ricomparire nudo come un
verme nel bel mezzo dell'aristocratica famiglia Feregalli sarebbe stata
di certo una cosa molto imbarazzante. Non solo, tutto ciò avrebbe potuto
portarmi conseguenze non trascurabili. Non era escluso che la signora,
inchiodata alle sue responsabilità, si sarebbe rivoltata contro di me,
accusandomi di averla costretta ad atti sodomitici. Come ho forzato
l'entrata ne ho subito avuto conferma, al di là di ogni dubbio: quella
non era l'alcova dove avevo fatto sesso anale con la mia amante. Era una
stanza molto piccola. Le pareti erano in marmo bianco e vi entrava in
qualche modo la luce del sole. Cosa c'era dentro? Un grosso pastore
tedesco dal pelo bruno chiaro. Mai e poi mai avrei pensato di trovare un
cane relegato in quell'ambiente. Non sarebbe mai potuto entrare
dall'angusto ingresso. Come ce l'avranno portato in quell'anfratto? Mi
sono ritratto e ho richiuso la porticina. La porta successiva era alta e
stretta. Sembrava soltanto una decorazione della parete, un inganno, ma
premendo con pazienza sono riuscito ad aprirla. Sono sceso per una
scala ripida e non illuminata, trovandomi in un cinematografo. Un
macchinario cubico stava proiettando un film in bianco e nero su uno
schermo. Nonostante il film, alcuni faretti alogeni illuminavano la
sala. Con mia grande sorpresa, seduto su una delle sedie arancioni, ho
visto un ragazzo fulvo, mi sembrava di conoscerlo ma non mi veniva in
mente il suo nome. Che fosse anche lui un amante della signora
Feregalli? Mi sono avvicinato e il bellimbusto, per nulla turbato dalla mia nudità,
mi ha detto che il film che stavano proiettando era stato prodotto in
Turchia. Ha aggiunto che il titolo, Izimet, a parer suo
significava "dito in bocca". Solo a questo punto ho notato che in fondo
alla sala sedeva un uomo con la divisa delle SS. Col pretesto di andare
in bagno mi sono diretto all'uscita, ho salito le scale e sono tornato
nel corridoio. La stanza successiva era piena di specchi. Ricoprivano
tutte le pareti. Potevo guardarmi la schiena. Così mi sono accorto di
avere un tumore sul coccige, un grosso basalioma gonfio di pus, dall'aspetto davvero brutto. Ho tastato uno
specchio, riuscendo ad aprirlo. Oltre c'era un cortile olografico,
finto, con una passerella blu interrotta a mezz'aria. In basso vedevo
un'animazione con alcuni carabinieri che conducevano in un paio di
cellulari un gran numero di ladri. Sono tornato alla stanza degli
specchi e ho tentato ancora di trovare una via di uscita. Ce n'erano
due. Una dava sulla sala del cinema in cui ero stato prima. L'altra era
un ascensore in cui un noto comico, ubriaco fradicio, sghignazzava come
un pazzo facendo il saluto nazista. Il guitto si è presto accasciato,
vinto dai fumi dell'ebbrezza. Sono così riuscito a salire in superficie.
Eccomi in una desolata campagna della bassa padana, fredda e piena di
densissima nebbia. I raggi del sole erano incapaci di penetrare quella coltre. Ho capito di essere a molti chilometri di distanza
dalla dimora dei Feregalli, eppure qualcosa mi ha spinto a cercare un mezzo
per farvi ritorno.
Incontro con la signora Feregalli
L'ambiente sotterraneo era pieno di corridoi e di stanze segrete. L'effetto più comune era quello del trompe-l'oeil: c'erano porte e finestre finte, che riuscivo a distinguere soltanto avvicinandomi. La luce arrivava tramite pozzi che simulavano in alcuni recessi la luce del sole. Un incredibile labirinto, in cui era tutt'altro che difficile perdersi. Ancora non riuscivo a capire perché la signora Vittoria Feregalli mi avesse dato appuntamento in una cripta del suo castello di famiglia. Già, la sua famiglia, che angoscia! Il ricordo del pomeriggio passato in compagnia di quelle persone, che sembravano uscite da un racconto di Lovecraft, mi opprimeva tremendamente, rischiando di vanificare il piacere che avrei presto provato accedendo all'intimità della mia bella maliarda. Ma perché tutta questa commedia? Non sarebbe stato più semplice prenotare una camera in un motel? Forse si vergognava a farsi vedere con un ragazzo come me, che avrà avuto la metà dei suoi anni? Solo poche ore prima ero lì, in quella stanza nobiliare dall'alto soffitto. I figli della signora, orridi bambini dagli occhi neri come l'Abisso, che sembravano quasi occhi d'insetto, composti da ommatidi. Si muovevano in una grande culla, e ogni tanto la badante ne sollevava uno per controllare il pannolino, atteggiando il volto ruguso in una smorfia che voleva essere un sorriso. Come mi sono avvicinato, subito ho provato orrore: quei mocciosi avevano qualcosa di inumano, esalavano un odore sgradevole quanto sconosciuto, come se qualcosa in loro cominciasse a marcire già in vita. Poi mi sono seduto a tavola con la signora, le sue arcigne sorelle e il suo anziano marito, un individuo delirante quanto grottesco, che biascicava e mi riempiva il piatto. Quando lui si è addormentato, vinto dalla sonnolenza, lei è uscita lasciandomi lì a studiare la mappa mentale e criptica dei sotterranei in cui l'avrei raggiunta. Ormai mancava poco. Presto avrei raggiunto la signora Feregalli nell'alcova ctonia. Mi sono allontanato con un pretesto e ho trovato l'accesso a un incredibile mondo fatto di meandri. Il cuore mi batteva all'impazzata. Non è stato facile. Dopo aver camminato a lungo sono arrivato a destinazione. Girata una curva, mi sono trovato davanti a una bassa entrata ad arco che sembrava dare su un ripostiglio. Per entrare sono stato costretto a strisciare. Così ho fatto il mio ingresso in una vasta sala al cui centro c'era un piccolo letto, e su questo giaciglio c'era la signora. Indossava un abitino attillato nero e scintillante, calze a rete e portava scarpe coi tacchi a stiletto. Sono stato avvolto dal suo profumo inebriante. Continuando a strisciare, sono giunto fino a lei, le ho tolto le scarpe e ho cominciato a baciarle i piedi. Le ho tolto anche le calze, portandomi le dita alla bocca e a succhiandole, mentre le toccavo pieno di desiderio le gambe. La mia erezione era furiosa. Lei se ne è accorta e si è messa a stimolarla coi piedi, con tocchi leggeri sull'inguine. Mi sono spogliato. I suoi piedi, come fiori sensuali, titillavano la mia verga turgida che svettava, libera da ogni indumento. Anche lei si era denudata. Mi sono avvicinato alle sue natiche e le ho baciato ardentemente l'ano, leccandolo con infinita voluttà. Lei mugolava per il piacere, accrescendo la mia eccitazione. Ci siamo seduti entrambi sul letto, mentre con le mani la frugavo tra le gambe e le stimolavo il clitoride. Le ho preso una mano e l'ho portata sulla mia asta palpitante. Le sue dita non si sono strette su quella carne fremente. Quando le ho chiesto di prenderlo in bocca, lei si è rifiutata di farlo. Sorridendo mi ha detto che la bocca la usava solo per mangiare, ma che avrebbe voluto essere penetrata analmente. Si è sparsa sulle mani una gelatina e con quella mi ha sfregato il fallo, quindi si è seduta sull'erezione. Le ho spinto dentro il glande tumefatto, scivolando nell'intestino lentamente, a lungo, stantuffandola con una passione furiosa. Bruciavo, mentre palpavo ogni parte del suo corpo che riuscivo a raggiungere. Alla fine ho eiaculato lì dentro, in quel caldo budello, in mezzo alle feci. Proprio allora anche la mia druda ha raggiunto il culmine della delizia. Era come se l'utretra non volesse più smettere di schizzare il caldo liquido in quell'ambiente, dove gli spermatozoi trovavano la loro nemesi. Prima che il priapo cominciasse a inflaccidirsi, la signora si è allontanata da me e si è diretta a un bagno attiguo, dicendomi di tornare subito in superficie. Il problema è che a questo punto, ancora provato dall'intensissimo orgasmo, non ricordavo più la strada!
martedì 26 luglio 2011
Il Paziente Zero
Un turista spintosi fino in Madagascar, dove da tempo imperversava un'epidemia di peste bubbonica e polmonare, ha cercato i servigi di una prostituta. Prima l'ha baciata a lungo in bocca, poi le ha leccato l'orifizio anale. A un certo punto si è sentito sulla lingua un fastidioso sapore di pus. In preda alla paranoia, si è recato nella sua camera, già in preda a una forte febbre. Nulla poteva sapere del patogeno alieno che stava crescendo nel suo corpo rovente.
giovedì 12 agosto 2010
Un orgasmo insolito
Un sogno erotico, cosa ben rara. Sono in una sala da ballo con la splendida M. Lei mi dà le spalle, io le alzo la gonna e le sfilo le mutandine. Le infilo la faccia tra le natiche e le lecco avidamente l'ano. Le slinguo quell'orifizio sensualissimo per un tempo interminabile e sento i suoi gemiti: gode in modo inverecondo, impazzisce di piacere. Come ha raggiunto il culmine, si gira e mi dice che il marito non le aveva mai fatto nulla di simile. Quindi si inginocchia davanti a me e mi fella. Lecca e succhia lo spermodepositore. Non resisto, erompo nella sua bocca. Lei non si tira indietro e ingurgita il liquame. Mi sveglio in preda all'angoscia.
giovedì 22 luglio 2010
Dizionario CXCIV
Qui insegno la Lingua: UMR significa ANILINGUS, ATTO DI LECCARE L'ANO.
Fraseologia:
UMRÁN! "leccami l'ano!" (detto a uomo o a eunuco; l'accento è sull'ultima sillaba)
UMRAYNA! "leccami l'ano!" (detto a donna; l'accento è sulla penultima sillaba, che ha un dittongo)
UMRAYNA! "leccami l'ano!" (detto a donna; l'accento è sulla penultima sillaba, che ha un dittongo)
Nel linguaggio quotidiano della nobiltà Helliken questi imperativi sono comuni e blandi termini di abuso, un po' come tra gli Americani dire "suck it!" o "fuck you!". Se rivolti a persone di casta inferiore, hanno invece significato letterale.
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martedì 12 gennaio 2010
Il coprofago di Raudon
Le immagini mentali sono chiarissime: si tratta di un vero e proprio film scat che il cervello stanco proietta sulle mie palpebre dopo una giornata spossante. Il mangiatore di sterco striscia ai piedi di una bella donna che sta accovacciata, nuda. Le raggiunge l'ano e lo lecca avidamente. A un certo punto lei rilascia le feci e lui le prende in bocca, le mangia come se fossero pane e nutella. Ingoia gli stronzi, autentici pitoni bruni, e aspira i lezzi intestinali. Quindi, in preda all'ebbrezza mista all'umiliazione estrema, il suo fallo eretto si mette a spruzzare sperma senza nemmeno essere toccato.
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