domenica 8 gennaio 2012

Incontro con la signora Feregalli

L'ambiente sotterraneo era pieno di corridoi e di stanze segrete. L'effetto più comune era quello del trompe-l'oeil: c'erano porte e finestre finte, che riuscivo a distinguere soltanto avvicinandomi. La luce arrivava tramite pozzi che simulavano in alcuni recessi la luce del sole. Un incredibile labirinto, in cui era tutt'altro che difficile perdersi. Ancora non riuscivo a capire perché la signora Vittoria Feregalli mi avesse dato appuntamento in una cripta del suo castello di famiglia. Già, la sua famiglia, che angoscia! Il ricordo del pomeriggio passato in compagnia di quelle persone, che sembravano uscite da un racconto di Lovecraft, mi opprimeva tremendamente, rischiando di vanificare il piacere che avrei presto provato accedendo all'intimità della mia bella maliarda. Ma perché tutta questa commedia? Non sarebbe stato più semplice prenotare una camera in un motel? Forse si vergognava a farsi vedere con un ragazzo come me, che avrà avuto la metà dei suoi anni? Solo poche ore prima ero lì, in quella stanza nobiliare dall'alto soffitto. I figli della signora, orridi bambini dagli occhi neri come l'Abisso, che sembravano quasi occhi d'insetto, composti da ommatidi. Si muovevano in una grande culla, e ogni tanto la badante ne sollevava uno per controllare il pannolino, atteggiando il volto ruguso in una smorfia che voleva essere un sorriso. Come mi sono avvicinato, subito ho provato orrore: quei mocciosi avevano qualcosa di inumano, esalavano un odore sgradevole quanto sconosciuto, come se qualcosa in loro cominciasse a marcire già in vita. Poi mi sono seduto a tavola con la signora, le sue arcigne sorelle e il suo anziano marito, un individuo delirante quanto grottesco, che biascicava e mi riempiva il piatto. Quando lui si è addormentato, vinto dalla sonnolenza, lei è uscita lasciandomi lì a studiare la mappa mentale e criptica dei sotterranei in cui l'avrei raggiunta. Ormai mancava poco. Presto avrei raggiunto la signora Feregalli nell'alcova ctonia. Mi sono allontanato con un pretesto e ho trovato l'accesso a un incredibile mondo fatto di meandri. Il cuore mi batteva all'impazzata. Non è stato facile. Dopo aver camminato a lungo sono arrivato a destinazione. Girata una curva, mi sono trovato davanti a una bassa entrata ad arco che sembrava dare su un ripostiglio. Per entrare sono stato costretto a strisciare. Così ho fatto il mio ingresso in una vasta sala al cui centro c'era un piccolo letto, e su questo giaciglio c'era la signora. Indossava un abitino attillato nero e scintillante, calze a rete e portava scarpe coi tacchi a stiletto. Sono stato avvolto dal suo profumo inebriante. Continuando a strisciare, sono giunto fino a lei, le ho tolto le scarpe e ho cominciato a baciarle i piedi. Le ho tolto anche le calze, portandomi le dita alla bocca e a succhiandole, mentre le toccavo pieno di desiderio le gambe. La mia erezione era furiosa. Lei se ne è accorta e si è messa a stimolarla coi piedi, con tocchi leggeri sull'inguine. Mi sono spogliato. I suoi piedi, come fiori sensuali, titillavano la mia verga turgida che svettava, libera da ogni indumento. Anche lei si era denudata. Mi sono avvicinato alle sue natiche e le ho baciato ardentemente l'ano, leccandolo con infinita voluttà. Lei mugolava per il piacere, accrescendo la mia eccitazione. Ci siamo seduti entrambi sul letto, mentre con le mani la frugavo tra le gambe e le stimolavo il clitoride. Le ho preso una mano e l'ho portata sulla mia asta palpitante. Le sue dita non si sono strette su quella carne fremente. Quando le ho chiesto di prenderlo in bocca, lei si è rifiutata di farlo. Sorridendo mi ha detto che la bocca la usava solo per mangiare, ma che avrebbe voluto essere penetrata analmente. Si è sparsa sulle mani una gelatina e con quella mi ha sfregato il fallo, quindi si è seduta sull'erezione. Le ho spinto dentro il glande tumefatto, scivolando nell'intestino lentamente, a lungo, stantuffandola con una passione furiosa. Bruciavo, mentre palpavo ogni parte del suo corpo che riuscivo a raggiungere. Alla fine ho eiaculato lì dentro, in quel caldo budello, in mezzo alle feci. Proprio allora anche la mia druda ha raggiunto il culmine della delizia. Era come se l'utretra non volesse più smettere di schizzare il caldo liquido in quell'ambiente, dove gli spermatozoi trovavano la loro nemesi. Prima che il priapo cominciasse a inflaccidirsi, la signora si è allontanata da me e si è diretta a un bagno attiguo, dicendomi di tornare subito in superficie. Il problema è che a questo punto, ancora provato dall'intensissimo orgasmo, non ricordavo più la strada!

sabato 7 gennaio 2012

Miserie della biologia

Sono in un locale, arriva Logos, che è sbarbato e ingrassato, la pelle gonfia, e parliamo. Dice cose inconsistenti, da una parte che il Connettivismo è in completa rovina, però poi si contraddice dicendo che tutti ci cercano. Dobbiamo bere qualcosa, ma io sono preso da un impulso incoercibile di orinare, così vado al piano di sopra del locale, che sembra una villa con marmi screziati che emanano qualcosa del sepolcro. Il mio ventre è gonfio di urina, entro in un bagno, ma la tazza del cesso è piena zeppa di biancheria femminile sporca. Ci sono tappeti arrotolati zeppi di polvere e di feci essiccate, nere. Dalla finestra entra il sole, sembra una camera d'albergo, ma è pieno di mosche morte, fa schifo. Non posso trattenermi, così estraggo il pene e orino spruzzando sul tappeto pieno di feci nere e sul cesso zeppo di intimo femminile sudicio. Liberarmi dalla piscia mi porta una grande pena, come se avessi ancora molto da evacuare. Esco e cerco di scendere da basso, ma mi accorgo di non avere più i pantaloni, che qualcuno deve avermi sottratto. Entro in un altro cesso, che è tutto in marmo screziato grigio e nero, sepolcrale. Mi siedo sulla tazza, quando mi accorgo che c'è un vecchio con un grosso pene flaccido e un cranio abnormemente grande, che sta vicino a uno specchio e mi fissa.

venerdì 6 gennaio 2012

Atmosfera di Rangoria

La ferrovia Seregno-Saronno con treno a gasolio, marrone, arrivo in stazione e non c'è nessuno. Sembra la stazione di Carnate, c'è un treno di andata un giorno e di ritorno il giorno successivo. Non ho il telefono, non ci sono telefoni pubblici. Sono isolato, cerco di seguire i binari, in preda all'angoscia più profonda.

mercoledì 4 gennaio 2012

Grottesche cronache di guerra

In Arabia Saudita, una città bruciava. Era in corso una guerra. Le potenze europee avevano espugnato tutte le città della penisola. Gli incendi erano opera di attentatori che volevano espellere gli occupanti. Il Fratello Mstatus era un colonnello con un'uniforme blu decorata di bianco, che parlava con un ufficiale francese dall'uniforme marrone: i due militari comunicavano in un incerto inglese. A un certo punto è arrivato un soldato inglese ubriaco fradicio. La sua uniforme era color sabbia, e portava un paio di spessi occhiali. Barcollando, si è avvicinato a Mstatus chiedendogli in perfetto italiano: "Ma è vero che le italiane fanno molto i pompini?"
Il sogno si è concluso con l'immagine di un pesce palla scuoiato vivo.

martedì 3 gennaio 2012

Un febbrile collage di immagini distorte

Una statua nuragica di rame lucente. 1200 litri di vino e 1200 litri di tuorlo d'uovo per una festa pagana. Un tipo che mi tocca con un bastone da dietro i popliti, io che lo sovrasto e cito una per una le sue malattie davanti a tutti.

domenica 14 agosto 2011

Glossario Korun LXXXIX

Nella lingua Korun, che le genti di questo pianeta chiamano Enochiana, BALIE significa SALE. 

Traduce il latino sal, il greco hals, l'ebraico melakh e l'inglese salt.

Glossario Korun LXXXVIII

Nella lingua Korun, che le genti di questo pianeta chiamano Enochiana, AUDCAL significa ORO. Nel linguaggio degli occultisti significa anche MERCURIO ALCHEMICO.

Glossario Korun LXXXVII

Nella lingua Korun, che le genti di questo pianeta chiamano Enochiana, CORDZIZ significa UOMO, PERSONA, CREATURA RAGIONEVOLE. 

Traduce il latino homo, il greco anthropos e l'ebraico adam.

Glossario Korun LXXXVI

Nella lingua Korun, che le genti di questo pianeta chiamano Enochiana, OLLOG significa UOMO, UOMINI. La consonante finale è palatale.

Varianti e altre forme: 
OLLOR "uomo, uomini"
OLLORA "dell'uomo" (anche OLORA, OLORRA)

Glossario Korun LXXXV

Nella lingua Korun, che le genti di questo pianeta chiamano Enochiana, MOLAP significa UOMO, UOMINI.